Piano casa, a proposito della nuova legge
La Repubblica Napoli
10.08.2022
Caro Direttore,
mi ero ripromesso di non intervenire nel dibattito apertosi a seguito dell’approvazione della legge regionale in tema di semplificazione edilizia e di rigenerazione urbana ma ritengo necessario farlo ora, soprattutto per evitare un grave rischio di disinformazione ai danni dei cittadini campani.
Andiamo per ordine. La legge appena approvata non è la proposta di Testo unico in materia di Governo del Territorio, già avanzata nella scorsa legislatura e che sarà riformulata e trasferita al Consiglio regionale alla ripresa autunnale. Le norme varate ora riguardano alcuni limitati aspetti, due in particolare, anche in riferimento a scadenze temporali, come quella del prossimo 30 settembre.
Con l’articolo 2 della legge si è provveduto a ricapitolare, e semplificare dove possibile, i procedimenti attraverso i quali si realizzano determinati interventi, così come stabiliti dal legislatore nazionale, l’unico competente in materia edilizia. In buona sostanza, quando è possibile operare con Cila o con Scia ad esempio, facendo chiarezza dopo tutte le novità introdotte negli ultimi anni, anche a seguito dell’applicazione dei bonus, da norme e disposizioni nazionali.
Con altri due articoli si è intervenuti relativamente a fattispecie attualmente regolamentate dal cosiddetto Piano Casa. Con il primo si è stabilito che obiettivo della pianificazione urbanistica comunale, in regione Campania, è la riduzione del consumo di suolo e, contestualmente, la promozione di processi di rigenerazione territoriale e urbana e di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente. In tal senso si individuano 13 azioni prioritarie, di cui tenere conto nella redazione degli strumenti urbanistici comunali, obiettivi di qualità e requisiti prestazionali, in particolare per quanto attiene al risparmio energetico, alla sicurezza sismica, alle componenti ambientali. Infine sono previste forme di premialità tra cui quelle volumetriche e di superficie, come incentivi per il recupero e la rifunzionalizzazione degli immobili esistenti. Con l’articolo successivo, nelle more dell’entrata in vigore dei nuovi piani così conformati e per non determinare una cesura tra pratiche in essere già da quasi tre lustri ed incentivate per il futuro, si è previsto di continuare a consentirne l’attuazione in quanto non costituenti variante allo strumento vigente. Ci sarebbero poi anche altri contenuti qualificanti, come la definizione di alloggio sociale o il riferimento agli usi temporanei, ma non è possibile descriverli tutti.
Qui però occorre aggiungere alcune altre informazioni che i tanti detrattori della legge omettono. Le norme approvate sono, in un caso un indirizzo alla pianificazione, nell’altro una possibilità operativa. Infatti, la legge di suo stabilisce ben 10 casi di esclusione per l’applicazione degli incentivi: nelle zone omogenee A, centri storici, ed E, agricole, di inedificabilità assoluta, all’interno di parchi nazionali e regionali, per edifici di valore storico, culturale, architettonico, in aree a rischio idro-geologico, ecc. Ma, ancora di più, riserva alle Amministrazioni comunali il potere di individuare, parti o anche tutto il restante territorio comunale, dove non consentire il ricorso agli interventi premiali. E questo con buona pace di quanti già paventano, in attuazione della legge, nuove costruzioni in aree agricole o tutelate!
Ma con buona pace anche dei tanti che, con riferimento alle norme appena varate, proiettano oscuri presagi sul futuro della nostra regione: dimenticano di dire che questi interventi sono consentiti, come ricordavo prima, già da 13 anni, con minori limitazioni e correttivi ora introdotti. Certo potremmo intrattenerci sul bilancio delle trasformazioni territoriali e urbanistiche, perlomeno negli ultimi vent’anni in Campania, anche per effetto dei piani urbanistici redatti dai molti che oggi invocano il consumo di suolo zero, ma non c’è spazio evidentemente per questa discussione. Come per l’altra, per la quale già mi candido ad intervenire, su cosa significhi oggi, correttamente, rigenerazione urbana.
Una sola notazione, in chiusura, direttore consentimela con riferimento alle ragioni della crisi della sinistra in Italia. Anche io credo che vi sia una relazione tra questa e il dibattito che si è aperto sull’approvazione della nostra legge, nel senso che mi convinco sempre di più che fintanto che a rivendicare i valori della sinistra italiana saranno istanze e rappresentanti incapaci di misurarsi con i cambiamenti intervenuti da ultimo, sia a livello planetario che qui da noi, nella società, nell’economia, nella cultura, davvero sarà difficile impedire a populisti e sovranisti di avere la meglio e prevalere.
Se per molti ancora il terreno di scontro è rimasto quello di Mani sulla città e il nemico sono i Mottola che brigano per ottenere un indice edificatorio più alto, davvero c’è poco da sperare per il riformismo nostrano e per l’affermazione di una moderna cultura di governo. Che poi, forse, è proprio questo il punto, c’è ancora una parte consistente di sedicente sinistra che preferisce ritagliarsi il più accomodante ruolo di opposizione “dura e intransigente” a chi è chiamato a ruoli decisionali e di responsabilità, ancora meglio se in futuro rappresentati da Meloni e Salvini, che porsi il problema di confrontarsi con sfide e contraddizioni della modernità.
Bruno Discepolo