Controvento

Federico Pace
Einaudi, Torino 2017


 

“Un passo poco più in là, un movimento ampio, l’andare via proprio in un certo momento
Un viaggio, qualsiasi viaggio, misura lo spazio che percorriamo, risultando a volte capace di cambiare il corso di una esistenza, mettendoci di fronte al nostro destino, spingendoci a compiere le nostre scelte o semplicemente chiedendoci di rivederle. Viaggi fondamentali che attraversano vite particolari di personaggi famosi: nelle 27 sezioni di questo libro sono raccontati altrettanti viaggi, che hanno messo i protagonisti dinanzi alla loro vera essenza, portandoli spesso a diventare quello per cui li abbiamo conosciuti.

Dal viaggio di ritorno verso casa che porta Marc Chagall incontro al proprio destino personale ed alla maturazione della sua pittura, al duro confronto con la realtà quotidiana vissuta attraverso un lungo viaggio in Transiberiana da Vladivostok a Mosca, che spinge David Bowie ad abbandonare l’esoterismo da Stardust, da marziano caduto sul pianeta Terra; dal senso di smarrimento di V.S. Naipaul che cerca in India la terra mitica dei suoi avi, comprendendo di esserne ormai escluso perché non sempre chi emigra riesce a rintracciare le proprie radici, una perdita che lo relega nella condizione scolpita nella motivazione del suo premio Nobel come lo scrittore capace di “sentirsi a casa propria solo dentro se stesso”, al viaggio avventuroso verso i propri demoni da Detroit fino al letto dove giace la madre morente,  un viaggio fatto senza il suo Diego, da una Frida Kahlo non ancora famosa.

E poi ancora, il periglioso viaggio di Paul Gauguin verso Tahiti in fuga dal chiasso di Parigi o quello scomodo, in auto, fatto da Oscar Niemeyer con tre suoi amici dalla sua Rio verso il nulla del deserto brasiliano dove costruirà una nuova città, Brasilia, per volere di Juscelino Kubitschek, librando in un inaspettato rigore la forza delle sue linee architettoniche.

Il viaggio come metafora ed elemento scatenante di una rivolta nel concepimento delle forme, nella costruzione di una nuova architettura: forse in nessun altro grande architetto il viaggio ha assunto un elemento così fondante di una poetica, rincorsa, raccontata, chiamata a motivare strappi e rotture, come in Le Corbusier. Il suo Voyage d’Orient, rivive in queste pagine nel lungo soggiorno a Monte Athos, alla ricerca di quella matrice comune che informerà il suo pensiero di una architettura che potesse dare risposte analoghe a tutti i popoli della terra, perché comuni sono le esigenze connesse all’abitare; l’illusione di un esperanto funzionale nel quale comporre le diversità che pure i lunghi viaggi avrebbero dovuto suggerirgli come non componibili:
…si recò dal Patriarca di Istanbul per ottenere il diamonitirion, il permesso che lo autorizzasse a recarsi nella repubblica monastica del Monte Athos. La lettera gli fu consegnata l’11 agosto del 1911. Aveva appena ventitré anni. Il patriarca, in quella missiva conservata e ritrovata, spiegava ai rappresentanti della comunità che quel giovane, partito da lontanissimo, arrivava fin lì per visitare i Santi monasteri e studiarne l’architettura. Tutto quel viaggio, scrisse Jeanneret, tutti quei frammenti di mondo, non per rimanere affascinato dall’infinita diversità degli uomini, ma per capire cosa c’è di unico e comune in tutta l’umanità. Era come cercare, nel profondo infinito di una cellula, in quella doppia elica curva, i codici che condividiamo con tutti gli uomini e che ci rendono unici.”

orlando di marino


 
 
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