Basta con gli errori del passato. Non si può spendere per spendere
Bruno Discepolo
Corriere del Mezzogiorno
12.07.2022
Tra i tanti temi evocati dal libro di Attilio Belli (“Napoli 1990-2050. Dalla deindustrializzazione alla transizione ecologica”) uno si pone emblematicamente come snodo per le future politiche territoriali in Campania: il ruolo che, realisticamente, saprà ritagliarsi ed esercitare la Città Metropolitana di Napoli.
Intendendo, con ruolo, lo spazio occupato dalla città capoluogo regionale con il suo territorio di riferimento, ben oltre la stessa azione svolta dalla giovane istituzione, così come disegnata dalla legge Delrio, e rinnovata nelle sue rappresentanze nei mesi scorsi. Voglio cioè sottolineare la condizione per la quale, nel prossimo futuro, se questo nuovo e strategico Ente riuscirà a non rappresentare più il convitato di pietra ogni qualvolta si proverà a ragionare in termini di area vasta e di nuovi equilibri e dinamiche pianificatorie e programmatorie. Tutto questo accadrà solo se una molteplicità di soggetti ed istituzioni assumeranno convintamente la sfida del superamento delle logiche municipalistiche nella costruzione di una progettualità che vede identità, asset, comunità territoriali in campo, in competizione per intercettare le risorse, oggi disponibili come mai in passato, consolidando forme di aggregazione, e soggettività politiche, anche oltre i tradizionali confini amministrativi. La dimensione di area vasta, dunque, dentro la quale vive pienamente quella metropolitana napoletana.
Se allora è in questo contesto che vanno analizzate azioni e proposte che avanzano, primo di ogni altro dai livelli istituzionali, due rapide considerazioni.
La prima riguarda la Regione Campania nella sua funzione di Ente cui spetta definire il quadro di riferimento per le politiche territoriali e le scelte in campo di programmazione e allocazione delle risorse. Per assolvere a questo compito la Regione, nelle scorse settimane, ha approvato, tra gli altri documenti di indirizzo, una delibera relativa agli Obiettivi di Policy 5, che nel nuovo ciclo di fondi strutturali 2021-2027 sostituiscono il precedente Asse 10, cioè la nuova architettura territoriale di riferimento. Il documento, significativamente richiamato ad una implicita processualità «Verso un' Agenda territoriale della Regione Campania», assume costantemente la dimensione di area vasta come quella conforme agli indirizzi ed obiettivi da perseguire, identificando come principali strumenti attuativi rispettivamente i Programmi Integrati di Valorizzazione, i Masterplan, per le aree target ricomprese negli Ambiti Territoriali Identitari del Piano Paesaggistico Regionale, i Poli urbani, in sostituzione delle precedenti Città medie, ed inoltre le aree ricomprese nelle Snai per quanto riguarda le cosiddette aree interne. Con questa proposta la Regione fornisce un quadro di riferimento per l' apertura di un confronto, già peraltro avviato nella sede del Partenariato economico e sociale, ed una successiva condivisione.
Un ulteriore strumento che potrebbe utilmente contribuire a rafforzare una visione strategica nella direzione delle aggregazioni sovracomunali, è quello dei Contratti Istituzionali di Sviluppo, così come promossi da ultimo dal Ministero del Sud e della Coesione.
C' è da dire che lo strumento in sé non sempre garantisce rapidità ed efficacia, se è vero che nel caso del Centro Storico di Napoli sono già passati diversi anni e si è ancora lontani da una concretizzazione di risultati.
Nella nuova versione-gestione del Ministero del Sud, si sono sottoscritti 2 contratti: quello della Terra dei Fuochi, poi dopo la indicazione della Regione Campania, più opportunamente intitolato anche Giardino d' Europa, e quello dell' Area vesuviana.
Nel frattempo si annuncia, con la convocazione di un «pre-tavolo», anche un Cis per l' intera provincia salernitana.
Un' iniziale e condivisibile impostazione sembra lasciare il posto ad una pratica discutibile, all' insegna di superate perimetrazioni politico-amministrative. è già accaduto con il Cis vesuviano, trasformatosi dall' originario Progetto di Buffer zone del sito Unesco di Pompei in quello predisposto dalla stessa Regione con «Ad Est di Napoli», con l' ampliamento all' area orientale napoletana, per diluirsi infine in un' informe aggregazione territoriale con parti della penisola sorrentina o dell' agro nocerino-sarnese salernitano.
Nell' ultimo caso, addirittura, si rispolvera la dimensione provinciale come coincidente con quella di progetto. Il rischio, più che concreto, è che da un lato si perda l' opportunità di disegnare ambiti spaziali, identitari, funzionali al rilancio economico e sociale regionale e, dall' altro, si sostituisca all' obiettivo di realizzare progetti di sistema, elenchi di opere di respiro locale.
I prossimi mesi saranno decisivi per delineare strategie di sviluppo sostenibili per i nostri territori e comunità. Ancorché in un tempo estremamente ridotto occorrerà che ciascuno, per la propria responsabilità, contribuisca a costruire quadri organici di riferimento dentro cui far emergere progettualità in grado di realizzare obiettivi che la stessa Europa ci indica (la Transizione verde ed ecologica, quella digitale, l' inclusione territoriale e sociale) e non ripetere gli errori del passato, cioè spendere per spendere.