Descrizione della Cina
Matteo Ricci
1610, Quodlibet, Macerata 2011
Nel settembre del 1583, un gesuita di Macerata, riesce finalmente ad entrare in Cina.
E’ l’inizio di un viaggio che durerà un’intera vita, attraverso un universo fino ad allora sconosciuto, che Matteo Ricci ci aiuterà a comprendere attraverso i suoi scritti; un viaggio che affronterà con il bagaglio della propria cultura, fatta di conoscenza dei classici e grande cultura matematica, arrivando ad essere riconosciuto come interlocutore per i più alti dignitari cinesi, e per Wanli uno degli ultimi imperatori della dinastia Ming. Diviene l’elemento principale dell’incontro di due culture, tentando con forza la evangelizzazione di quel mondo, ritenendo possibile una sintesi tra gli insegnamenti di Cristo e quelli di Confucio; uno degli esiti più singolari di questo sforzo è ancora una meravigliosa mappa geografica, la Kunyu Wanguo Quantu, la prima mappa globale del mondo con al centro la Cina, una mappa frutto di viaggi e di scambi millenari stampata per l‘Imperatore nel 1602, e che rivelò ai cinesi per la prima volta l’esistenza del continente americano.
Grazie alla sua prodigiosa memoria e ad una voglia di intelligere quel mondo, Matteo Ricci ne studia la lingua e lo descrive in alcuni scritti, tra cui un testo che conclude poco prima della sua morte nel 1610, di cui questa Descrizione della Cina ne rappresenta la parte introduttiva; un testo che sarà per secoli il mezzo principale di conoscenza della Cina presso l’Occidente.
Organizzato in dieci capitoli, come la sua grande cultura matematica ispirava, ma non di meno per i significati religiosi, non da ultimo il dato che i cristiani venivano chiamati in Cina “gli stranieri della lettera di dieci”, la lettera shi che indica il numero dieci è infatti una croce perfetta, il libro descrive tanti aspetti della vita organizzativa cinese, dai diversi climi alle abitudini alimentari, l’organizzazione sociale e politica, le religioni presenti con i loro riti e le cerimonie che scandiscono la vita quotidiana.
…e se di questo regno non si pò dire che i filosofi sono Re, almeno con verità si dirrà che i Re sono governati da filosofi. Il governo e l’organizzazione dello Stato sorprendono Ricci: un governo dove a prevalere sono i principi morali e le lettere e ad avere un ruolo di preminenza sono coloro che conoscono gli insegnamenti confuciani; uno Stato dove gli imperatori non si succedono necessariamente per successione dinastica, e dove hanno un grosso potere un apparato di funzionari rigidamente gerarchizzati, i “mandarini”, selezionati attraverso durissime prove pubbliche.
Nel capitolo dedicato alle arti meccaniche, affronta il tema della arretratezza della architettura in termini di tecniche ed esiti rispetto a quella europea e una fragilità dei fabbricati che ascrive alle opere fondazionali praticamente sconosciute ai cinesi i quali “non edificano se non per durare gli puochi anni che hanno di vita e non migliaia di anni come i nostri”; una analoga critica di fondo sui loro oggetti d’uso, con un giudizio non dissimile dalla percezione che ancora oggi abbiamo della manifattura cinese:
“Et una è assai ordinaria che, per essere i Cinesi moderati e parchi nelle sue cose, non fanno molto grandi spese; e di qui avviene che gli arteggiani non sempre pongono le sue forze tanto in fare l’opre sue molto perfette, quanto in farle con puoca spesa di danari e di tempo per potere vendere tutto a molto minor mercato, e soventemente falsificano molte cose e non gli fanno altro che una bella apparentia. Nel che pare a me, cono contraij i nostri (e così loro lo confessano) che tutto fanno con molta perfettione per venderlo di poi più caro.”
orlando di marino