La necessaria stagione riformista

Attilio Belli

Corriere del Mezzogiorno
01.09.2022

È difficile e forse addirittura improprio e fuorviante ricondurre il dibattito intorno alla legge regionale sulla semplificazione edilizia e rigenerazione urbana alla questione scivolosa e ardua del rapporto tra urbanistica e sinistra in Italia. Per più motivi. Soprattutto quando sotto pelle emergono atteggiamenti antipatizzanti o rancorosi o di delusione verso la sinistra. Si finisce quasi sempre per lamentarne la progressiva insussistenza. Quel che è certo è che la politica in generale non ama l'urbanistica.

L'urbanistica in Italia ha dovuto fare i conti con la molteplicità mutevole e spesso incontrollabile dei (molti) poteri nel loro rapporto (intreccio, conflitto) con la città e il territorio. In più quel che è certo è che non si può estendere il tono massimalistico di una certa impostazione presente nell'urbanistica italiana a tutta l'urbanistica di sinistra. È indubbia infatti la necessità di inserire una valutazione della sua storica manifestazione, anche in relazione alla variegata articolazione regionale del nostro Paese e alle specifiche competenze in campo urbanistico delle Regioni. Ma soprattutto perché una conoscenza anche superficiale della storia dell'urbanistica italiana non può non riconoscere che proprio nella sinistra si sono fortemente distinte almeno due posizioni: una massimalista e una riformista.

Quella massimalista ha raggruppato tensioni diverse provenienti da più mondi (ambientalisti, conservazionisti, radicali) che in alcune posizioni hanno riconosciuto anche una comune provenienza nella lezione di Antonio Cederna e nella sua battaglia condotta inizialmente nel «Mondo» di Mario Pannunzio con i vari «sacchi» delle città e con la sua visione di un piano urbanistico (e di uno Stato) «coercitivo» fondato sulla prescrittività.

Quella riformista è stata degnamente rappresentata da urbanisti come Giuseppe Campos Venuti (ma non solo) che ha lungamente polemizzato con l'urbanistica massimalista e sugli effetti negativi prodotti sia a livello regionale che a quello urbano. E che ha tenacemente guidato percorsi riformistici di successo in diversi contesti e stagioni. Ai quali è ancor oggi utile fare riferimento. In Campania oggi senza dubbio serve un'impostazione riformista capace di definire in un dibattito pubblico allargato la sua articolazione, le azioni proposte per la rigenerazione del territorio, soprattutto in riferimento alla questione climatica e delle politiche energetiche, all'innovazione per sfatare l'accusa pertinente di essere nemica della modernità, la capacità di attirare capitali e di riuscire a guidarli. Ma un dibattito pubblico allargato e concludente va impostato e gestito accuratamente sul testo della legge. Facendo entrare in campo università, istituti specialistici, ordini professionali, associazioni, forze imprenditoriali, sindacati, energie giovani (e non tanto Matusalemme come il sottoscritto), evitando la deriva dei toni malmostosi, deposito di insofferenze antiche e personali che circolano nei social e le conseguenti scorciatoie dei giudizi facili e superficiali. Perché non tentare?

 

Un articolo di Attilio Belli sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno, prosegue il dibattito sulla leggeDisposizioni in materia di semplificazione edilizia, di rigenerazione urbana e per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente" approvata nella seduta del Consiglio regionale del 4 agosto 2022.



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