Palazzo Penne sarà aperto al quartiere
Bruno Discepolo
La Repubblica Napoli
19.12.2020
Caro Direttore,
Luigi De Falco, nel suo intervento di ieri sulle pagine de la Repubblica, critica la scelta operata dalla Regione Campania di finalizzare il restauro e il recupero di Palazzo Penne alla nuova destinazione di Casa dell’architettura. A suo dire, il progetto previsto e finanziato con 10 milioni, nell’ambito del Contratto Istituzionale di Sviluppo per il centro storico di Napoli, con il concerto del Ministero dei Beni e Attività Culturali, del Comune di Napoli e della stessa Regione, non garantirebbe per l’edificio la necessaria dimensione di attrezzatura di quartiere, così come stabilito dal Piano Regolatore della città.
Solo per la memoria dei suoi lettori ricordo che ci troviamo di fronte ad una delle architetture più rappresentative del Rinascimento napoletano, entrata nel patrimonio regionale a fine secolo scorso, già fortemente compromessa strutturalmente e negli apparati decorativi. Un degrado, al limite della distruzione del monumento, progredito negli anni per la mancanza di interventi, dovuta proprio all’incertezza relativa ad una sua nuova destinazione d’uso, tra ipotesi di sede universitaria o della protezione civile regionale, ovvero ad attrezzatura scolastica, del tutto incompatibile per la natura degli spazi con le norme e le prescrizioni di settore.
Mi sono dunque adoperato, non appena assunta la carica di assessore al Governo del Territorio della Regione Campania, di proporre una soluzione compatibile con i caratteri specifici dell’edificio, con la sua posizione all’interno del Centro Storico di Napoli, e con possibili fonti di finanziamento per gli onerosi interventi di restauro, riqualificazione e rifunzionalizzazione, individuando nella realizzazione della prima casa dell’Architettura a livello regionale, anche in attuazione della legge sulla promozione della qualità dell’architettura varata contemporaneamente, una opportunità per coniugare insieme salvaguardia e valorizzazione dell’immobile, riqualificazione del contesto, promozione di nuove funzioni rigeneratrici a livello urbano.
A nessuno sfugge, infatti, come i cosiddetti urban center rappresentino, oggi, in Italia come in tante parti del mondo, dei formidabili luoghi di aggregazione della popolazione, degli organismi rappresentativi del territorio, dei cosiddetti portatori d’interesse, dove socializzare l’informazione, documentare le proposte e i progetti di trasformazione urbanistica, promuovere il confronto e la partecipazione.
Coerentemente con queste finalità, il progetto elaborato dalla Regione, con il significativo contributo del Dipartimento di Architettura della Federico II, prevede dentro Palazzo Penne sale per esposizioni temporanee, per laboratori di quartiere, per convegni ed attività formative, per biblioteche ed archivi. Ulteriori connessioni con il territorio saranno garantite dall’apertura al quartiere del suo piccolo ma prezioso giardino interno ed addirittura, per la sua particolare conformazione, di “scambiatore urbano”, tra la quota bassa di Piazza della Borsa e quella più alta della platea intermedia del Centro Storico.
In conclusione, davvero non si comprende come, di fronte ad una tale prospettiva esaltante di ribaltamento di decennali inerzie a favore di una vicina soluzione del problema, salutata con enorme favore da tutti gli ambienti culturali e accademici della città, vi sia chi richiami ad un’astratta coerenza a previsioni normative ormai inattuali, nel solco di quella cultura oppositiva e negazionista che tanti danni rischia di arrecare alla città di Napoli.