Un Polo unico per il futuro di Palazzo Penne

Pasquale Belfiore, Carlo De Luca
La Repubblica Napoli
09.01.2021

Il confronto aperto su queste pagine sul restauro di Palazzo Penne nel centro storico di Napoli con gli interventi di Luigi De Falco e Pino De Stasio, contrari al progetto, e Bruno Discepolo, assessore regionale che lo ha promosso, merita d’essere ripreso per più d’una ragione. Per l’Istituto Nazionale di Architettura da noi rappresentato, la Casa dell’Architettura che avrà sede nel Palazzo rappresenta uno dei punti qualificanti del programma dell’Istituto fin dalla sua fondazione ideata da Bruno Zevi nel 1959. Una Casa intesa come “Casa della Città”, luogo di conoscenza della storia urbana, centro di documentazione, spazio accogliente per dibattiti e confronti sui progetti di conservazione e trasformazione della città. Dunque, un’attrezzatura totalmente pubblica, polivalente, aperta, pensata anche nel solco della tradizione degli Urban Center presenti in moltissime città del mondo. A Milano nella Galleria Vittorio Emanuele, a Bologna in Piazza Maggiore e a Roma nell’ex Acquario, quelli più frequentati in Italia. Napoli giunge in ritardo, ma questa circostanza deve consigliare fretta, non iniziative dilatorie che non sembrano avere fondamento tale da mettere in discussione la realizzazione del progetto.

Motivo del confronto polemico, la futura destinazione pubblica del Palazzo al servizio del quartiere. Pienamente garantita, sostiene Discepolo, non garantita, replicano De Falco e De Stasio che richiamano il rispetto del vigente Piano Regolatore che prevede una serie di destinazioni pubbliche per Palazzo Penne. E qui si entra in quei labirinti tecnico-normativi nei quali da sempre si sono perse o sono state pesantemente rallentate pur importanti e utilissime opere pubbliche. Nessuno sostiene, ovviamente, che le norme del Piano non debbano essere rispettate, ma la sostanza della polemica è nel negare che la Casa dell’Architettura possa essere un’attrezzatura pubblica al servizio del quartiere e, più in generale, di Napoli e della Campania, essendo iniziativa regionale. Si chiede, all’opposto, che il Palazzo sia destinato ad ospitare attrezzature scolastiche che è una delle funzioni previste. Questa soluzione  ̶̶ con tutta evidenza per chi conosce la tipologia dell’edificio  ̶̶  è incompatibile con   gli ambienti del Palazzo che sono numerosi ma di ridotte dimensioni,  poco illuminati e tali in ogni caso da non garantire gli standard richiesti.

Una considerazione a margine d’una polemica indotta da eccesso di osservanza delle norme del Piano Regolatore. Non è una affermazione scandalosa, ma realistica, quasi di buon senso, se questa espressione è consentita nell’ interpretazione di una norma.  Palazzo Penne è proprietà pubblica, la destinazione prevista è conforme, nella sostanza, alla norma del Piano, il progetto è stato redatto dalla Regione e dal Dipartimento di Architettura della Federico II, sarà realizzato con fondi ministeriali, avrà destinazione e uso totalmente pubblici, il quartiere, come la città come la regione Campania potranno avvalersi di questa attrezzatura. Dov’è la preoccupazione? 

Una proposta. Palazzo Penne è adiacente alla Chiesa di San Demetrio e Bonifacio in concessione al Dipartimento di Architettura delle Federico II. Forse è opportuno studiare un’intesa tra Regione e Università per creare un polo unico nel quale la Casa dell’Architettura potrà disporre d’un prestigioso Auditorium irrealizzabile nel Palazzo e il Dipartimento universitario di ulteriori spazi e laboratori per attività didattiche e di ricerca. In tal modo, Chiesa e Palazzo ritornerebbero unità funzionale unica, come lo fu nel Settecento con i Padri Comaschi che risiedevano nel Palazzo. Così, crediamo che si debba discutere sui progetti di trasformazione della città. Proponendo, non opponendo.