L’architetto al tempo del coronavirus

La pandemia del COVID-19 potrà essere la grande opportunità per gli architetti, quando, una volta usciti fuori dall’emergenza, si dovrà ricostruire il Paese in termini sociali ed economici.

Come è stato per i medici in questo periodo emergenziale, che hanno recuperato l’autorevolezza perduta grazie all’impegno e professionalità profusi, così dovrà essere per gli altri professionisti nel prossimo futuro.

Gli architetti dovranno recuperare il ruolo perduto dalle professioni intellettuali negli ultimi anni, quelli dal decreto Bersani-Visco in poi. Da quando sono stati forzatamente parametrati alle imprese, entrando a far parte del libero mercato, hanno perso tutta la loro autorevolezza, rinunciando ad essere elemento di riferimento delle professioni intellettuali.

Le liberalizzazioni promesse hanno contribuito ad imbrigliare le professioni nella rete della burocrazia, la rete dei dirigenti, dei funzionari e di tutti quelli che impongono il potere burocratico a discapito soprattutto delle professioni autonome. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, con un mercato immobiliare paralizzato dalle pratiche amministrative e i pochi cantieri (chiusi in questo periodo) bloccati dai Tar.

Questi momenti del Coronavirus ci stanno facendo riflettere su quanto sarebbe stato utile avere un’interfaccia funzionante ed efficiente con gli uffici pubblici. Dove il lavoro avrebbe potuto proseguire regolarmente in modalità smart working, ma quante aziende private e soprattutto della pubblica amministrazione oggi sono preparate a questo? Quanti settori pubblici sono pronti a recepire i nuovi percorsi dei profondi cambiamenti culturali richiesti?

La discussione deve farci riflettere su questo e dobbiamo prepararci ad uscire dall’emergenza più forti di prima, ma come? Tornando all’esempio dei medici, dobbiamo essere convinti che solo con l’impegno e la professionalità si potrà recuperare la credibilità e il ruolo d’indispensabilità sui territori e nelle comunità.

Ci sarà tanto da fare se si dovesse finalmente decidere di percorrere la strada dello snellimento della burocrazia e della ripresa degli investimenti. Come ci sarà tanto spazio per i professionisti che sapranno farsi cogliere preparati a questa svolta.

Quando saremo usciti dall’emergenza avremo un’Italia diversa, con l’immagine di sé da ricostruire, da riabilitare ed adeguare agli standard di modernità dei paesi occidentali. Si dovrà ricominciare ad investire con coraggio e determinazione sulle grandi opere, sulle infrastrutture e soprattutto sulle periferie delle grandi città e i quartieri degradati. Le immagini del nostro Paese trasmesse dai media di mezzo mondo in questi giorni non sono solo quelle drammatiche dei carri funebri di Bergamo, ma sono anche quelle dei borghi antichi e delle piazze storiche deserte, quei luoghi di architettura che tutto il mondo ci invidia e che oggi ci mancano. Ecco, questo è stato e deve continuare ad essere il nostro Paese: un elemento indispensabile al sistema culturale mondiale, dove l’architetto dovrà conservarne la funzione fondamentale.

Erminio Petecca
Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Avellino

 
Mario Sironi, L’architetto, 1922-23

Mario Sironi, L’architetto, 1922-23